Federico Aldrovandi: simbolo di lotta per verità e giustizia

Federico Aldrovandi: simbolo di lotta per verità e giustizia

L’Anniversario della morte

14 anni fa a Ferrara moriva Federico Aldrovandi, ucciso da 54 colpi durante un fermo di polizia mentre rientrava a casa. Oggi, grazie al coraggio della famiglia e dell’associazione che porta il suo nome è un simbolo di lotta per la verità, la giustizia e le divise pulite. Federico vive nella memoria di tutti noi.

Circolo dei Gd a Cosenza dedicato alla memoria di Aldrovandi

Sono orgogliosa che i giovani democratici di Cosenza nel 2014 gli abbiano dedicato il loro circolo e le loro battaglie per i diritti. All’epoca questi ragazzi ricevettero una lettera anonima a mezzo stampa che sosteneva che fosse scorretto dedicare un circolo di una giovanile di un partito di governo “ad un delinquente”.
Per fortuna oggi la verità sulla sua storia è patrimonio condiviso anche dalle nuove forze di governo.

Le parole del padre Lino Giuliano

Il padre di Federico a 14 anni dalla morte ne ricorda le circostanze tragiche, il dolore inguaribile e le responsabilità di una giustizia che ha fatto il suo corso, ma non può lenire contro la perdita.
Queste le sue parole nel giorno dell’anniversario e del ricordo.

“2005 – Federico il 17 luglio 2005 compiva 18 anni per sempre. Ciò a seguito della sua uccisione avvenuta alle ore 06,04 circa del 25 settembre 2005, da parte di: Monica Segatto, Enzo Pontani, Luca Pollastri e Paolo Forlani (Agenti della Polizia di Stato)

Federico non c’è più. E’ la cruda realtà che rivedo attraverso un’immagine orribile che mai nessun genitore vorrebbe vedere.

Quell’immagine terribile fummo costretti a renderla pubblica a quei tempi, dall’inerzia di tante cose. Ma poi una piccola strada verso una piccola giustizia si aprì.
Una cosa è certa, Federico non morì di malore, ma di ben altro. Fu ucciso senza una ragione. Anche se di ragioni per uccidere non potranno mai essercene.
E di ingiustizie in questa nostra Italia, sia ben chiaro, non esiste solo quella di Federico e tutte meriterebbero eguale attenzione.

Non c’è più musica e non ci sono più colori nella vita, quando ti viene a mancare l’aria e il profumo del respiro di un figlio.

Sia chiaro per tutti che la vittima purtroppo rimarrà Federico dietro quel marmo, in quella tomba, senza mai aver mai fatto del male a nessuno e senza aver mai commesso alcun reato,né in quel momento, né mai. Bastonato di brutto per mezz’ora, di cui due manganelli ritornati in Questura risultarono rotti (atti processuali), con alla fine impresse sul suo corpo ben 54 ferite e non solo…, causate da un’azione improvvida e violenta che arrivò a spezzargli il cuore per una forte compressione o per un forte colpo… – (atti processuali), da persone definite in Cassazione dal procuratore generale durante la sua arringa: “schegge impazzite”.

Hanno già scontato la loro pena, così secondo la legge degli uomini, ma sono convinto, anche se è difficile crederlo dopo tutti questi anni di silenzi, che il giudice più severo rimarrà la loro coscienza di uomini e sopratutto di genitori, che in un’alba assurda di una domenica mattina di 14 anni fa, non riuscirono ad ascoltare quelle grida di “basta e aiuto” che un ragazzo di 18 anni, solo e disarmato, stava loro proferendo, nel tentativo disperato di farli desistere da quell’azione di morte. Quelle grida le sentirono a centinaia di metri da quella via che definirei del silenzio, ma furono smentite da chi intervenne su di lui (4 agenti) adducendo in udienza, riferendosi a Federico: “non proferì parola”. Chissà perché.

Il fatto è che quegli agenti pregiudicati, dal mio punto di vista di genitore e di cittadino, assurdamente ancora in divisa, soprattutto per le parole scritte dai Giudici nelle motivazioni di condanna in tutti i tre gradi di giudizio (dal 2007 al 2012), sferzanti di responsabilità senza se e senza ma, che vanno ben al di là della punizione lieve comminata, sono ancora in servizio. Per me invece fino alla fine dei miei giorni sarà un ergastolo senza appello, con la sola speranza che ciò che è accaduto a Federico non accada mai più a nessun figlio.

Lino”

 

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