di Peppe Rinaldi” da eolopress.it
Prima di leggere assicurarsi di essere ben svegli, in buone condizioni fisiche e, soprattutto, mentali. Perché non sarà facile credere alle proprie orecchie e neppure ai propri occhi, a seconda che si ascolti il video messaggio o se ne legga la sgrammaticata trascrizione sul blog di Beppe Grillo. Pronti? Via: «Chiedetegli scusa, restituitegli quello che gli è stato tolto, gli avete rovinato la vita, caso Tortora! Questo non è un caso Tortora perché per fortuna non è mai stato arrestato e per fortuna gode anche ottima salute, ma certamente ha subito un danno nella sua reputazione, ha subito un danno nel suo lavoro e ha subito un danno anche nel suo orgoglio…». L’esortazione è condivisibile in linea di principio già nel suo incipit, al centro dovrebbe esserci qualcosa legata a indagini giudiziarie risoltesi nel nulla e con presumibili danni del protagonista passivo. Infatti. Prima di dire chi sia la nuova vittima della giustizia conta, invece, svelare chi sia stato l’intelligente esortatore, l’equilibrato commentatore di questa brutta faccenda. Trattasi di Travaglio Marco (foto a sinistra) torinese, giornalista-show man considerato di destra nonostante tre quarti della sinistra italiana tifino per lui, professionista dell’accusa in servizio permanente, lettore accanito di ordinanze e decreti penali, normalmente amico dei pubblici ministeri più che dei magistrati: con i quali, spesso ricavandone qualche rogna mediatica, va in vacanza, Sicilia e Calabria (lato Catanzaro Lido-Soverato) soprattutto. Proprio così, il principale esegeta di verbali, informative e mattinali d’Italia forse non s’è accorto di aver scritto una cosa à la Giuliano Ferrara. Il giornalista più invidiato da Travaglio (copyright Filippo Facci) gli ha evidentemente trasferito in modo subliminale lo stesso concetto espresso recentemente a “Qui Radio Londra”, allorquando si trattò di invitare Michele Santoro a chieder scusa per il “massacro in concorso” di centinaia di persone per mano di Luigi De Magistris e delle sue ormai mitiche inchieste a vuoto. Sembra incredibile, invece è tutto vero: Travaglio sbatte i pugni sul tavolo, non sopporta che una persona, nella fattispecie Gioacchino Genchi (foto a destra) sia stata stritolata dal famoso circo mediatico-giudiziario salvo poi esser assolta da un giudice terzo. Ed ha tutte le ragioni di questo mondo: ma, come un Berlusconi qualsiasi dinanzi alle riforme sulla giustizia, “il problema non è il merito della proposta ma il proponente”. Una cosa del genere, detta da Travaglio, qualche spasmo alle coronarie rischia di provocarlo. E non è l’unica nel suo commento sul blog di Beppe Grillo dell’assoluzione di Genchi dall’accusa di accesso informatico abusivo all’anagrafe tributaria di Roma (il pm Palaia aveva chiesto l’assoluzione e il gip l’ha accolta).
Leggere per credere: «Sapete qual è il risultato? Il risultato è che Genchi non è più poliziotto in seguito alla campagna di diffamazione e di calunnia e ha perso, anche da privato cittadino, consulente tecnico, titolare di una società specializzata in consulenze delle procure, gran parte delle sue consulenze, perché? Perché ci vuole un bel coraggio da parte dei magistrati ad affidare ancora le consulenze tecniche a uno che è indagato e addirittura imputato a Roma per avere violato la legge, quindi Genchi ha perso molto del suo lavoro, da un lato ha perso il lavoro in Polizia e dall’altro ha perso il lavoro che svolgeva in aspettativa della Polizia di consulente tecnico di moltissime procure e tribunali». Parla del suo amico Genchi, riconosciuto innocente in una delle due indagini che l’hanno colpito, ignorando di parlare anche in nome e per conto di quelle migliaia di persone che hanno patito -e patiscono ancora- le conseguenze di molte indagini da lui sponsorizzate. O no? Ma ciò che davvero non si può credere è che Marco Travaglio dica che un’indagine giudiziaria è stata fatta da una procura «per motivi politici». No, questo è troppo anche per berluscones in avanzato stato di decomposizione. Eccola la chicca: «Dico questo non perché pensi che ci sia stato un complotto a danno di Genchi, c’è stata una campagna violentissima della politica, quasi concentrica, c’è stata un’indagine sbagliata della Procura di Roma, forse per compiacere i politici, questo non lo so perché è un processo alle intenzioni, lo penso, penso che sia stata per compiacere tutti quei politici che lo volevano sotto indagine, ma nessuno di tutti quelli che parlano di errori giudiziari, di quelli che ogni volta che viene o prescritto o magari assolto con varie formule tutt’altro che limpide un potente, urlano subito: e adesso chi paga?». Non è vero che non c’è nessuno, cominciamo subito: «E adesso chi paga?». Vale per Genchi, vale per tutti, varrebbe perfino per Travaglio. Ovviamente, la procura di Roma fa bene se indaga sui “tre pirla” della P3, non va bene quando fa lo stesso su Genchi. Infine Marco va in overdose, sembra quasi stia parlando allo specchio se si pensa a quel che scrive e dice da anni: «…cacciato dalla Polizia dopo avere servito né più e né meno lo Stato italiano per tutti questi anni, forse meriterebbe qualche articoletto, forse meriterebbe le scuse di qualcuno e forse chi, con tanta leggerezza parla di errori giudiziari quando riguardano sé stesso, dovrebbe cominciare a rendersi conto che i processi si fanno per vedere se uno è colpevole o è innocente, quando poi si stabilisce che tizio era innocente, bisogna andare a vedere come era nata l’indagine, perché ci sono molte indagini che nascono quando sembra che veramente uno potrebbe essere il colpevole e poi durante il corso del procedimento si scopre che invece, magari non lo era, a questo serve la giustizia». Basta? Ancora un po’? Ecco: «… questa però non è un’indagine nata quando sembrava che Genchi avesse commesso dei reati, perché lo si sapeva benissimo anche nel gennaio 2009 quando Berlusconi lo definì il più grave scandalo della storia repubblicana che Genchi non aveva commesso nessun reato, bastava andare a vedere le carte». Bastava andare a vedere le carte? Ma chi? De Magistris? Woodcock? Bruti Liberati? La Boccassini? De Pasquale? Ingroia? Santoro, Ezio Mauro o Barbara Spinelli? Dovevano andarsi a vedere le carte? E lui com’avrebbe fatto poi?