Un seminario alla Camera sui test di accesso all’università

Camera dei Deputati
Abbiamo tenuto oggi presso la Sala Salvadori del Palazzo dei gruppi parlamentari, un incontro a carattere seminariale del Gruppo PD della Camera dei Deputati, al quale hanno partecipato, tra gli altri, la Vicepresidente Paola De Micheli, la capogruppo in Commissione Cultura Maria Coscia e la capogruppo in Commissione Affari sociali Donata Lenzi, sul tema del superamento dei test di accesso all’università.
L’esigenza dell’incontro di oggi (al quale si è convenuto di farne seguire anche altri) era nata dalla discussione suscitata dalla presentazione della proposta di legge che mi vede prima firmataria insieme a Giuseppe Lauricella e ad altri 20 colleghi, tendente proprio al superamento dei test di accesso e la loro sostituzione con un diverso sistema di selezione negli anni di corsi di laurea.
All’incontro hanno partecipato anche i rappresentanti delle associazioni studentesche UDU, Link, RUN, CNSU, una delegazione di studenti di medicina dell’Università di Tor Vergata ed alcuni esperti.
La discussione ha messo subito in evidenza la necessità di realizzare un maggiore coordinamento tra scuole e università volto a garantire un più efficace orientamento anche al fine di stimolare l’iscrizione a corsi di laurea che, pur offrendo importanti opportunità per il mercato del lavoro e delle professioni, risultano essere assai trascurati nelle scelte degli studenti.
Pur convenendo sull’esigenza di una programmazione che tenga conto del reale fabbisogno che il Paese ha di formare risorse umane soprattutto in alcune professioni, si è purtroppo dovuto registrare la difficoltà di individuare parametri i più oggettivi possibili per effettuare una valutazione realistica di tale fabbisogno.
A questo punto la vera domanda è: come selezionare? Sono i test lo strumento più corretto e oggettivo ?
Il problema si è manifestato, come dimostrano le polemiche di questi giorni, soprattutto per il test di accesso a Medicina.
Molti hanno evocato, a questo proposito, anche sulla scorta di quanto dichiarato dal Ministro Giannini, il modello francese, che prevede accesso libero al primo anno ed una selezione severa per accedere al secondo anno e poter proseguire gli studi.
Ci sono stati anche alcuni che hanno difeso sic et simpliciter il sistema dei test attuale (Presidente dell’Ordine dei medici sen. A. Bianco e rappresentanti delle associazioni sindacali della categoria) con la motivazione che è necessario evitare di produrre laureati che non potranno specializzarsi per carenza di posti e, conseguentemente, non poter essere occupati dal Sistema Sanitario Nazionale.
A questi argomenti si è risposto, da parte dei rappresentanti degli studenti e di numerosi parlamentari presenti all’incontro, che il fatto che si produca una strozzatura in alto (le poche borse di studio per le specializzazioni mediche) non può giustificarne una in basso (accesso all’università) e se mai il problema è quello di allargare complessivamente il sistema attraverso maggiori investimenti ed un più organico rapporto con il Sistema Sanitario Nazionale.
Tutti i dati statistici ci parlano, infatti, di un Paese che resta fanalino di coda della UE per numero di laureati.
L’esigenza di evitare il sovraffollamento di studenti che la disponibilità di strutture didattiche universitarie stenterebbe ad “accogliere” potrebbe invece essere soddisfatta con una selezione in itinere.
Gli studenti che non superano questa selezione potrebbero essere ammessi ad altri corsi di laurea con il riconoscimento dei crediti conseguiti nel primo anno accessibile a tutti e non assistere al triste spettacolo dei tanti che, provando anno dopo anno il test, finiscono per perdere, senza il minimo vantaggio, tempo prezioso per la loro formazione.
È necessario inoltre mettere fine, hanno denunciato in molti, allo scandaloso business dei corsi di preparazione, spesso inutili, ai test e che, peraltro restano preclusi ai ragazzi appartenenti famiglie meno abbienti. Fermo restando che, per chi ha i mezzi, resta sempre la possibilità di iscriversi all’estero.
Insomma, un colpo micidiale al principio costituzionale del diritto allo studio e del sostegno ai capaci e meritevoli.
Nel mio intervento ho ribadito come l’università aperta a tutti non deve spaventare così come non deve spaventare la democrazia.
Una società giusta e democratica deve essere in grado di consentire l’accesso al proprio sistema formativo a tutti e, nello stesso tempo programmare con efficacia gli sbocchi lavorativi.
In questo senso va gestita la questione delle specializzazioni: se i posti sono pochi devono essere aumentati: non si può distruggere il sogno di un medico solo perché non bastano le borse di studio che gli permettano di studiare. Se il fine della formazione deve essere la qualità, non si può ottenerla riducendo la quantità.
Per questo motivo ho ribadito la necessità di aprire un tavolo di confronto col MIUR aperto a tutti i soggetti interessati al fine di trovare un sistema di selezione che tenga insieme il delicato elemento motivazionale con un efficace sistema di valutazione delle conoscenze.
I test sul modello anglosassone non garantiscono questo equilibrio. Con i test noi copiamo un modello anglosassone e lo copiamo male: in quei modelli, guarda caso, l’unico criterio selettivo è proprio la motivazione più che i contenuti.
Come Partito Democratico è nostro dovere fare nostra questa esigenza di democrazia: non calpestare la motivazione dei nostri studenti !

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