Si ripete anche quest’anno, in piena pandemia, lo stanco rito dei test di ingresso all’università, in particolare di quelli che consentono l’iscrizione alle facoltà medico-sanitarie. Che si tratti di un rito fine a se stesso lo dimostra l’inutilità dei test che servono solo alle società che li producono e al fiorente mercato di corsi di preparazione che ruota attorno ad essi. Del resto appare difficile comprendere per quale motivo un aspirante medico dovrebbe sapere chi è l’autore del “Signore degli Anelli” !
E infatti anche quest’anno ci sarà il solito fiorire di ricorsi e controricorsi.
Il paradosso è che l’Italia è un Paese con pochi medici e operatori sanitari e l’esplodere della pandemia del Covid, lo ha messo drammaticamente in evidenza, visto che siamo stati costretti a richiamare in servizio molti medici già in pensione.
Per migliaia di ragazze e ragazzi questi giorni di settembre rischiano di essere la fine dei loro sogni e per l’Italia l’ennesima dispersione di energie di giovani proprio nel momento in cui ne ha più bisogno.
Sia nella precedente che in questa legislatura ho presentato una proposta di legge che punta superare il paradosso dei test di medicina, proponendo che se selezione ci deve essere, si faccia non all’ingresso ma dopo il secondo anno di corso, attraverso il superamento degli esami più importanti.
Questa proposta giace, insieme ad altre presentate da altri colleghi di altri gruppi politici, in Commissione cultura alla Camera.
Faccio appello affinché vengano finalmente discusse e si arrivi ad una legge in tempi brevi.
Finora le resistenze a modificare questo assurdo meccanismo sono state forti.
La pandemia in atto, con la quale temo dovremo convivere ancora dovrebbe far riflettere tutti e fare in modo che questo assurdo collo di bottiglia sia finalmente tagliato. Lo dobbiamo al futuro dei nostri giovani e a quello dell’intero Paese. Il momento è adesso.
Alla presentazione del libro “L’inganno. Antimafia, Usi e soprusi dei professionisti del bene” di Alessandro Barbano
A Napoli nell’atmosfera del Teatro San Carlo, Alessandro Barbano parla del suo