Nuovi lavori e diritto all’esistenza dignitosa

Iniziativa a Napoli con FuturDem

Se vogliamo capire la nostra sconfitta e soprattutto capire perché i giovani non ci hanno votato, bisogna riflettere sulle categorie del nuovo mondo.
Nel rancore anticapitalistico e antisistema che si è sviluppato dalla crisi del 2007ad oggi noi siamo apparsi come IL SISTEMA.
Dobbiamo provare a trasformare la rivendicazione di un diritto all’esistenza che si è radicalizzata a partire dalla crisi economica in un’esigenza di sicurezza individuale come  presupposto essenziale per una transizione meno lacerante verso il nuovo mondo.
Ma la categoria dalla quale bisogna ripartire è proprio quella dell’ onore perduto del lavoro per immaginare una Repubblica più che fondata sul lavoro, fondata sul diritto all’esistenza dignitosa.
Così il tema di sicurezza e diritti può coniugarsi per rovesciare quelle reazioni irrazionali e scomposte di cui il nuovo sovranismo nel vecchio continente, la Brexit e la nuova Amministrazione Usa sono evidenti esempi.
Le nuove categorie si accompagnano a nuovo patto sociale tra produttori in una economia in cui, attraverso Industria 4.0, c’è una manifattura sempre più “servitizzata” che mette in discussione anche “ la prosecuzione lineare dei sistemi democratici di tipo gerarchico che si sono affermati in epoca capitalistica” recuperando soprattutto la dimensione della economia collaborativa
Come si declinano  i diritti  dentro questo nuovo modello? Come diritto al reddito, ma anche come diritti dentro il nuovo mercato del lavoro.
Le possibili modifiche al Jobs Act non riguardano la restaurazione dell’art.18 (di cui i riders non sentono certamente la mancanza) ma per esempio il diritto al salario minimo garantito contro il quale si sono battuti alcuni sindacati (gli stessi che ci hanno criminalizzato per l’art.18) perché andava a ledere i rapporti di forza delle singole categorie sulle contrattazioni collettive.
I nostri giovani, che abbandonano la scuola e non cercano lavoro, non sono i neet delle periferie dei ricchi Paesi scandinavi, dove il welfare universale funziona da anni, così come funzionano i Centri per l’impiego in Inghilterra.
Nel nostro Paese e soprattutto al Sud, il problema è il mismatch tra domanda e offerta che fa sembrare inutile e costoso proseguire a studiare dopo il diploma.
Per questo non dobbiamo avere paura dei robot che ci ruberanno il lavoro ( il 60% di quelli che iniziano oggi la scuola faranno un lavoro che oggi non conosciamo), ma piuttosto sviluppare competenze digitali attraverso una formazione professionalizzante che trasformi i nativi digitali in effettivi programmatori e sviluppatori digitali.

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