Intervento alla convention di Massa Marittima per la costituzione di Area Riformista nel PD.

Massa Marittima 1
Oggi costituiamo un’area dentro il PD che non vuole essere l’ennesima operazione di posizionamento ma la volontà di confrontarsi sui contenuti di un moderno ed avanzato riformismo. Il riformismo, infatti, non è una parola vuota ma il seme fecondo della storia del socialismo europeo, una storia segnata da battaglie di libertà e giustizia sociale.
Ma riformismo è anche la capacità di declinare fino in fondo il valore del garantismo, inteso nell’accezione più ampia della difesa dei diritti della persona umana e del rispetto del principio della separazione dei poteri che è la base stessa dello Stato di diritto.
È del tutto evidente che su questo non ci siamo, e troppo spesso in passato abbiamo mostrato timidezze e subalternità.
Ma riformismo è anche e soprattutto redistribuzione della ricchezza, è voler mettere al centro lo sviluppo, e con esso inevitabilmente il Mezzogiorno.
Quale futuro può avere un Paese che non riesce a dare lavoro ad un giovane su due e addirittura a 6 su 10 se questi hanno avuto la sfortuna di nascere nelle province meridionali ?
Quale futuro può avere un Paese dove la povertà aggredisce ormai ceti sociali che in passato ne erano rimasti esclusi e sta diventando un fenomeno di massa visto che interessa circa il 16 % della popolazione, e il 27 % nel Mezzogiorno ?
In Italia la popolazione attiva è di 57 milioni, di questi solo 22 milioni sono occupati.
Il lavoro, dunque diminuisce e quello che resta è sempre più precario visto che sui 22 milioni di lavoratori solo il 53%, vale a dire poco più di 12 milioni, ha un posto che si può definire stabile e a tempo pieno.
Occorre dunque puntare tutto sullo sviluppo, sulla rimessa in moto di una economia che la crisi, unita alle politiche europee di austerità, hanno reso problematica.
Ma lo sviluppo sarà possibile solo se riusciremo a promuovere con tenacia e determinazione l’innovazione, perché senza l’innovazione il PIL non cresce.
E’ venuto il momento di investire di più e meglio per mettere in campo un nuovo modello di sviluppo, un nuovo modello di lavoro.
È, infatti, illusorio immaginare che con la crescita e la ripresa oggi si possa ripristinare il vecchio modello sociale.
Non sfugge ormai a nessuno che siamo di fronte al fallimento di un intero modello, quello fordista, basato cioè sul patto tra il mondo della produzione e quello del lavoro per cui allo sviluppo del primo corrispondeva la crescita del secondo portando con sé anche la prospettiva della piena occupazione.
Attraverso il lavoro si acquisiva così il diritto alla cittadinanza, ad una vita dignitosa, si entrava in un sistema di tutele e di garanzie, di certezze per il futuro.
Oggi questo meccanismo si è rotto definitivamente e ciò ha terremotato l’intero sistema sociale sul quale si è basata la stessa democrazia nel dopoguerra. Il lavoro ha perso centralità e “rispetto”: è diventato precario, occasionale, flessibile, in una parola ha cessato di garantire il nesso tra reddito e dignità della persona.
Ecco perché è arrivato il momento di immaginare un nuovo modello sociale, radicalmente diverso, in cui si passi dal diritto al lavoro al diritto al reddito quale presupposto stesso di uno ius ad vitam non condizionato dalle alterne vicende del sistema produttivo.
Le indennità di disoccupazione, il sistema previdenziale, gli ammortizzatori sociali in genere continuano a risentire di questo rapporto con un modello produttivo ormai tramontato.
Oggi i nostri ammortizzatori sociali (CIG in deroga, assegni ordinari di disoccupazione, assegni di mobilità) costano circa 18 miliardi di euro all’anno e proteggono solo un lavoratore su quattro.
Può definirsi tale un welfare che lascia senza tutele l’enorme platea di inoccupati, di tutti coloro che non hanno mai incontrato il lavoro o di coloro che lo incontrano in forme irregolari e la massa sempre più grande degli inattivi e degli “scoraggiati”?
Basterebbe disporre di una quota aggiuntiva annuale di 7 miliardi di euro per una riforma del sistema degli ammortizzatori sociali in senso universalistico.
Qui ed ora, dunque, dobbiamo saper cogliere la sfida riformista che questo nuovo scenario ci pone di fronte.
Renzi sta facendo un buon lavoro. Alcuni ministri stanno facendo un buon lavoro.
Anche il ministro Poletti, di cui condivido l’approccio a queste tematiche. Significativa, in questo senso è Garanzia Giovani che costituisce una opportunità importante che dobbiamo valorizzare.
A questo proposito non si può non denunciare come il bando sulla Autoimprenditorialità sia ancora bloccato dalla burocrazia ministeriale, dal lontano 9 agosto 2013.
Io credo che abbia ragione Matteo Renzi a mettere al centro delle riforme quella della pubblica amministrazione.
Infatti solo quando saremo in grado di abbattere i tempi spesso biblici che intercorrono tra la decisione politica e la sua effettiva realizzazione, tra la richiesta di un cittadino o di una impresa e la risposta che è loro dovuta saremo riusciti a risolvere uno dei problemi fondamentali del nostro Paese.
Il PD, con il risultato straordinario ottenuto il 25 maggio, oggi si pone al centro delle speranze degli italiani che ci hanno affidato il compito di portare il Paese fuori dalla sua crisi nel quadro delle istituzioni democratiche.
E’ un compito arduo che non possiamo permetterci di deludere.
E’ un compito che riguarda tutti noi e non soltanto un governo e un leader, per quanto bravo e capace come Matteo Renzi.
Per questo abbiamo bisogno di un partito sempre più forte e radicato nei territori, sempre più capace di stare tra la gente ed i suoi bisogni.
Noi siamo un pezzo di questo grande partito che oggi sta cercando di sostenere questo percorso di innovazione e sperimentazione, come diceva Pierluigi Bersani ieri, del primo governo riformista e progressista del dopoguerra.
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Massa Marittima 4 Intervento di Speranza

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