L’omertà non è soltanto quella mafiosa

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Pubblicato su “Il Quotidiano” del 14 settembre 2016
Ciò che è accaduto a Melito Porto Salvo non è né eccezione né regola.
È lo specchio di una cultura profondamente radicata nei reconditi più retrivi della nostra società e che è latente sia nei piccoli centri calabresi che nelle grandi periferie urbane del Nord, del Centro e del Sud d’Italia.
È quella cultura che ha fatto sì, ad esempio, che solo nel 1996 lo stupro venisse dichiarato reato contro la persona e non più contro la morale pubblica. E che fino agli anni 70 riconosceva attenuanti ai delitti d’onore.
Ma ciò che colpisce di più nella tragica vicenda della ragazza di Melito è l’indifferenza e la vera e propria omertà con la quale una comunità ha vissuto e sembra voler continuare a vivere questa vicenda.
L’omertà non è soltanto un elemento della cultura mafiosa, che pure in questa storia è presente: è qualcosa di più profondo e drammatico.
Ci troviamo di fronte a larghe fasce di una comunità in cui persino i familiari della vittima non si sono poste il problema di come sottrarla a quell’orrore che la quotidianità aveva reso normale e di punire i colpevoli, quanto piuttosto di coprire tutto, di giustificare l’ingiustificabile addirittura colpevolizzando la vittima !
È uno schema antico: a causare lo stupro è la “provocazione” della vittima non la violenza del suo autore !!!
Una cultura che continua a ritenere la diversità della donna un problema e a guardare ad essa con diffidenza e paura.
Un pezzo di società in cui i ruoli di genere sono definiti in maniera rigida, in cui il maschio deve ispirarsi agli archetipi del dominio, del possesso, della caccia e la donna deve essere solo oggetto di desiderio, o oggetto tout court, priva di una propria volontà.
Un veleno culturale che permea persino le donne, persino coloro che quella bambina potevano e dovevano proteggere.
Per questo dobbiamo promuovere (in discussione alla Camera c’è anche una mia proposta di legge) l’educazione alla differenza di genere in tutte le scuole. Perché maschi e femmine si nasce, donne e uomini bisogna imparare a diventarlo.
La scuola, il luogo, cioè, dove i ragazzi e le ragazze costruiscono la propria personalità sociale, può essere il campo di battaglia dove poter vincere la guerra contro la discriminazione e la violenza di genere.
L’avvio dell”anno scolastico oggi sia l’occasione per far partire anche da Melito un grande progetto formativo per l’educazione alla differenza di genere.
Le istituzioni scolastiche di Melito e dell’intero territorio calabrese attivino insegnamenti e percorsi formativi inserendoli nei propri piani triennali dell’offerta formativa.
Una esperienza assai importante di questo tipo è stata già avviata, proprio in questi giorni, dal centro Antiviolenza di Corigliano sulla scorta della tragica esperienza di Fabiana Luzzi, la ragazzina uccisa e data alle fiamme dal suo fidanzato nel 2013.
Facciamolo subito! A partire dalla iniziativa regionale annunciata dal presidente Mario Oliverio e dall’appello, che faccio mio, dei Centri Antiviolenza perché su questa terribile storia non cada il silenzio.

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il-quotidiano-del-14-setembre-2016

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