PISANU SCAGIONA GENCHI E “IL FATTO” SI INCARTA

Peppe Rinaldi dal quotidiano “Libero”

Pisanu scagiona Genchi? A leggere la notizia offerta ieri da “Il Fatto” sembra quasi che sia svanita ogni nuvola sul capo di Gioacchino Genchi (foto a sinistra) e Luigi De Magistris: cioè, il procedimento penale per abuso d’ufficio, per aver maneggiato utenze telefoniche e tabulati di 8 parlamentari senza la preventiva autorizzazione delle camere, non c’è più, svanito, annientato. Perché? Perché Beppe Pisanu (foto a destra) ex ministro dell’Interno, ha verbalizzato dinanzi ai difensori di Genchi, che i numeri tracciati e gli incroci telematici sviscerati ai tempi di Poseidone e Why Not, non appartengono a lui. Se ne deduce (al Fatto) che tutta l’indagine romana sia frutto di un teorema volto a screditare la missione di chi stava per cambiare l’Italia restituendola agli onesti. E’ così? Non esattamente, non foss’altro perché il quotidiano sembra incartarsi da solo. Le utenze sottoposte dagli avvocati di Genchi a Pisanu sono 5 e l’ex ministro direbbe nel verbale: «Riconosco esclusivamente quella contraddistinta dal numero 335…in uso a mia moglie». Pisanu non dice però a chi sia intestata l’utenza, dice solo a chi era in uso. Né Il Fatto si sofferma su questo particolare che, invece, è centrale. Ci pensa la signora Anna Maria Ilari (* leggi a fondo pagina) moglie di Pisanu, ad indicarla:«Ho un’utenza cellulare, corrispondente al numero 335… Si tratta di un’utenza intestata a mio marito ma in uso esclusivo a me». Come si chiama il marito della signora Ilari? Giuseppe Pisanu, all’epoca senatore e ministro dell’Interno: tracciare quell’utenza, “essenzializzarla” o “scheletrizzarla” come si dice in gergo, all’interno di così particolari indagini ma senza accorgersi che l’intestatario era “omonimo” del ministro, non sembrerebbe tanto verosimile.
Se il numero era intestato a Pisanu -come dice la consorte- e se di quel numero si discute, significa o no che il trattamento dei dati è stato fatto su quell’utenza? Parrebbe di si, rileva poco che l’uso era di persone non coperte dalle guarentigie. A quel numero, in pratica, corrispondeva un’anagrafica difficile da ignorare: resta poi un mistero (che dovrà accertare la procura di Roma) perché, pur essendoci quell’intestazione, accanto al tabulato veniva riportata quello della signora Ilari. Insomma, sarebbe bastata una richiesta di autorizzazione e tutto si sarebbe risolto, almeno in uno degli 8 casi contestati. 
A meno che non si voleva scoprire cosa facesse la moglie del ministro, che pure parlava al telefono con il “feroce Saladino”, come tanti.
Se si ritiene che una telefonata in sé possa spiegare anche la nascita dell’universo, è facile che si creda poi a tutto: logge segrete a San Marino mai esistite, un Papa (il cognome di un deputato) per un altro, soldi dell’Ue mentre quelli al centro di Why Not erano fondi di bilancio regionale, e così via. O come le agende di Saladino, di colpo diventate 4 secondo Il Fatto: non c’è nessun punto nella sterminata mole di carte processuali di Why Not, dove si dice che siano tante. Era una sola, sempre la stessa, passata ai raggi X un’infinità di volte: e dove nessuno, ad esempio, ha ritenuto di approfondire i rapporti tra l’imprenditore lametino e Di Pietro, che al tempo si incontrarono più di una volta.
L’auto-incartamento del Fatto non finisce qui. Dopo aver demolito le capacità investigative del Ros e dopo aver indirettamente confermato che atti di Poseidone erano stati riversati in Why Not (non si può fare, se non dietro specifica autorizzazione) il quotidiano scrive: «Genchi non chiede l’acquisizione dei tabulati di Pisanu perché non c’è alcun interesse investigativo». Genchi? Ma l’interesse investigativo non lo valuta un consulente tecnico, seppur bravo come lui, lo deve fare il pm. Esattamente quel che, non solo alla procura di Roma, si sta cercando di mettere in chiaro, e che l’ex pm ha già pagato sul piano disciplinare: chi dirigeva l’orchestra in quel di Catanzaro, chi era in “balìa di chi” tra Genchi e De Magistris?
Tra i due ormai è rottura, e non bisognava certo attendere l’udienza di ieri a Roma per capirlo. In un’intervista ad un sito on line di poco tempo fa, Genchi afferma: «Non mi faccio certo prendere dal trionfalismo come De Magistris, persona perbene che ha però fatto una marea di errori e che avrebbe bisogno di un bel bagno di umiltà». C’è da giurare che non finirà qui.

* per un errore dovuto alla confusione imperante tra la mole di carte relative a questa vicenda, ieri sul quotidiano ho attribuito alla moglie di Pisanu, la signora Anna Maria, il cognome Ilari. Me ne scuso con l’interessata e con i lettori in attesa delle (stavolta giuste) reprimenda dei colleghi, implacabili, de Il Fatto. (p.r.)

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